
FILARMONICA BORGOGNONI
I VINCITORI
Le poesie vincitrici dell'edizione 2021 del Premio Nazionale di Poesia "P. Borgognoni" sono:
Prima classificata
Non posso farci nulla (n. 89) · Tullio Mariani, Molina di Quosa (PI)
Abile costruzione poetica che richiama la tradizione nella forma del sonetto, composto dai classici quattordici endecasillabi, distribuiti in due quartine e due terzine, che rivela però la propria modernità nel mancato rispetto di uno schema ordinato nelle rime. L’autore si muove nell’ambito di una consapevolezza e di un’esperienza letteraria (riecheggiata ad esempio nel dantesco “la vita a frusto a frusto”) di cui fonde i vari echi in un tono tutto suo di sottile ironia sdrammatizzante. Nel sonetto fluiscono in maniera armonica il ritmo pausato e lento, il graduale processo di introspezione psicologica e il tema stesso dell’accidia, peccato capitale che secondo l’autore “forse ha un oscuro fascino profondo”. Non per caso questa poesia evoca visivamente lo spirito misteriosamente meditativo della Melancholia di Dürer.
Seconda classificata
Aleramo (n. 67) · Alessandra Jorio, Impruneta (FI)
Fin dal titolo si rivela l’estrema sobrietà e concisione del linguaggio, al tempo stesso concreto e allusivo (Sibilla, profezia…), dove predominano decisamente nomi e verbi con una grande capacità evocativa e spessore di significato, ad esempio richiamando nei versi il titolo del principale romanzo della scrittrice a cui è dedicato il componimento. L’autore, con l’apostrofe iniziale, si rivolge direttamente a “Sibilla” con un tono di ammirazione. In pochi versi ne sintetizza tutto il percorso di vita sia privato che pubblico. In particolare l’aggettivo “dolorosa” ben descrive lo scandalo e la sofferenza che le costarono liberarsi dal “giogo” patriarcale. Lapidaria la conclusione, dove alla concretezza precedente dei nomi e dei verbi si sostituisce la forza definitiva degli avverbi.
Terza classificata
Leonardo a Milano (n. 45) · Maria Grazia Bonciani, Milano
Il nome di Leonardo (collocato con grande precisione in una cornice storica, urbanistica, artistica e geografica) dà respiro e suggestione a tutta la poesia. Con poche pennellate l’autrice tratteggia l’immagine di un Leonardo allo stesso tempo lontano nella sua irraggiungibile dimensione di uomo e di artista e vicino nello spirito dei luoghi che forse anche lui ha percorso. Ed è proprio l’uso dei verbi al passato prossimo e la ripetizione dell’aggettivo “questo” che danno la misura di tale prossimità. La nostalgia espressa negli ultimi versi di nuovo allontana Leonardo dal poeta, al quale è negata la visione di quel verde dei campi e di quel grigio delle Alpi: colori che tanto si confanno allo sfumato dei paesaggi del pittore.
Poesie segnalate
Alla mensa di via del Lavoro (n. 53) · Piero Schiavo, Roma
Se tornassi (n. 87) · Maria Felicetti, Buccinasco (MI)
Non posso farci nulla
Perdonami, non posso farci nulla
se getto via la vita frusto a frusto
se pigramente sperpero il mio tempo
quasi credessi d'essere immortale.
Indago a volte i modi dell'agire,
ne esploro i tempi, i luoghi o le vicende
e nulla accende in me fiamme di vita,
né ansiti, né affanni, né speranze.
Fuggo dall'intraprendere una via,
ché ad ogni scelta, ad ogni decisione
ciò che lascio par più di ciò che prendo.
Forse sono un codardo o forse un saggio,
forse ha un oscuro fascino profondo
quella che un tempo si chiamava accidia.
Tullio MARIANO
Molina di Quosa (PI)
Aleramo
Sibilla, dolorosa
la tua voce
che si leva nel buio, profezia
di ribellate al giogo
e liberate.
Una donna, dicesti,
e fu per sempre
abbastanza.
Alessandra JORIO
Impruneta (FI)
Leonardo a Milano
Anche Leonardo un giorno ha camminato
lungo la Ripa di questo Naviglio
Grande che dalla Darsena conduce
a San Cristoforo, chiesetta antica
gradita allo Sforza. Anche Leonardo
un giorno ha camminato proprio sotto
queste finestre mie ancora "in fieri",
guardando i campi e misurando i passi.
Forse Leonardo un giorno avrà potuto,
senza tutti i presenti caseggiati,
ammirare, stagliato all'orizzonte,
sul verde campo, il grigio delle Alpi.
Maria Grazia BONCIANI
Milano
Alla mensa di via del Lavoro
Si adunano composti
dalla diaspora quotidiana
converge il loro vagare
nell'ora identica di ogni giornata
in piedi tra i dubbi e le attese dell'androne
condividono la solitudine collettiva
come fili d'erba;
non parlano, ma sospirano parole
tutto è distante e singolare:
le mani inquiete e disgiunte
lo sguardo fisso a ciò che si è perso
il loro pregare che più non spera
ma li consegna al ricordare.
La memoria è l'unica religione.
È il rituale della mensa serale:
c'è l'ombra di ogni esistenza
l'essere atteso delle cose
il rassegnato farsi
della contingenza altare
manca la complicità domestica
del dopo, il sollievo del rassettare.
Piero SCHIAVO
Roma
Se tornassi
Se tornassi qui dal seno della morte
come in un sogno inaudito,
dolce e spietato, passi di danza
accenneresti per me, padre mio,
e parole di fiaba ad accendere
sorrisi d'inverno e cancellare
ombre chiare dagli occhi,
ad allontanare il peso di un esodo,
di un'agonia lunga quanto
la distanza abissale dall'approdo.
Da canti e da coriandoli
sarebbe incisa la strada,
poesia viva a ogni sguardo.
Sarebbe forse questo cieco affanno
un riparo lieve dal caos bianco,
un'ascesa feconda incontro al sole,
un tempo di veglia a rammentarmi
il cuore, il tuo schiocco allegro su porte
incrinate, il tuo richiamo aggraziato,
il tuo modo di sbriciolare l'amore
dentro le tasche piene di figurine.
Ogni cosa avrebbe quel gusto
lento che non so, il profumo
dei doni che non ti ho reso.
Se tornassi qui dal seno della morte
per una volta avrei orecchie
protese, carezze d'edera per starti
irreparabilmente accanto, e sollevarti
dalla pena di baci strappati
che allora ti strinse, che ora mi stringe.
Maria FELICETTI
Buccinasco (MI)